Pope Paul VI
Allocution following beatification of Fr. Dominic Barberi, C.P.
{1020} In Basilica Petriana habita christifidelibus
adstantibus, die qua Venerabilis Dei Famulus Dominicus a Matre Dei in Beatorum
Caelitum album relatus est. *
La Chiesa militante, dopo lunga attesa e lunga riflessione, ha
oggi annoverato fra gli eletti della Chiesa trionfante questo nuovo Beato,
Padre Domenico della Madre di Dio, religioso Passionista, vissuto nella prima
metà del secolo scorso.
Benediciamo Iddio, e ringraziamolo dapprima per la gloria che
a Lui ne viene: soli Deo honor et gloria [Note
1],
sempre ripetendo: gratias agimus tibi propter
magnam gloriam tuam.
Rallegriamoci poi con in Famiglia religiosa dei Chierici scalzi della Santissima Croce e della
Passione di Nostro Signor Gesù Cristo, la Congregazione religiosa fondata nel
secolo decimottavo da San Paolo della Croce, già madre feconda di Santi ed ora
arricchita d'un altro figlio elevato all'onore degli altari; godiamo infine noi
stessi con tutta la Chiesa, la quale mette in evidenza un nuovo campione di
santità e ammira in lui tali segni dello Spirito santificatore da dedurre che
l'anima benedetta di lui deve già godere della visione beatifica, e che la sua
storia e la sua attività sono degne {1021} d'essere per sempre ricordate,
conosciute e studiate per ammaestramento, edificazione e imitazione di noi
pellegrini oggi, come lui ieri, sui sentieri della vita temporale, diretti, a
Dio piacendo, alla medesima meta, la vita eterna.
Una infatti delle intenzioni che muovono in Chiesa a tributare
ad uno dei suoi membri quella solenne esaltazione, che chiamiamo ora
beatificazione, è appunto quella di far conoscere un suo figlio singolare e
vittorioso, e di proporlo al culto dei fedeli, sia come anima privilegiata, in
cui l'azione della grazia è stata più profonda e più manifesta, e sia come
esemplare, in cui lo sforzo della virtù è stato più vigoroso e istruttivo.
La Chiesa cioè conferisce ad uno dei suoi figli un onore
pubblico ed ufficiale, che da un lato risale a gloria di Dio, dall'altro si
riflette su lei stessa, a nostra comune edificazione, come lucerna, accesa in
ossequio alla divinità, che rischiara l'assemblea dei fedeli adunati per la
preghiera. E tale luminoso riflesso, questa volta, ci rischiara quasi di
sorpresa, perchè, all'infuori dei Confratelli del nuovo Beato e d'una piccola
schiera di devoti e di studiosi, P. Domenico non era, fra noi, troppo
conosciuto. La cultura comune, in quale ha spesso, per gli eroi della santità,
una erudita informazione, quasi lo ignorava; e nemmeno la sua figura di maestro
e di asceta era gran che familiare nei cenacoli preziosi della moderna
agiografia, e neppure nei giardini fioriti del fervore religioso. Non era
figura popolare. In questi ultimi anni s'è cominciato a parlare di lui da parte
del Confratello P. Federico Menegazzo dell'Addolorata, che oggi ci offre in
lettura un'ampia storia del Beato, e da parte di alcuni benemeriti studiosi,
tra i quali il compianto Giuseppe De Luca, ma come da iniziati ricercatori e da
specialisti scopritori di documenti nascosti e di aspetti storici inavvertiti
dai manuali correnti. Ed ecco che questa beatificazione viene a mettere in luce
un personaggio di grande merito, e non per un titolo solo.
Veniamo così a sapere che Padre Domenico è degno di memoria
come autore scolastico di buoni studi di teologia e di filosofia: il suo
studio, ad esempio, sull'infallibilità pontificia, anticipa con sicura visione
della dottrina la definizione che parecchi anni dopo ne farà il Consilio
Vaticano primo. Veniamo a sapere che P. Domenico fu fecondo scrittore di libri
di ascetica e di mistica, tra cui una sua autobiografia, rimasti, la maggior
parte, allo stato di manoscritto; documenti, ahimé, non sempre soddisfacenti
per le nostre esigenze letterarie, ma sempre notevoli per illustrare degnamente
la vita religiosa del nostro primo ottocento, e {1022} sempre pregevoli per
arricchire di pensiero e di esperienza la storia della spiritualità, frutto
come sono di larghi e profondi studi, di lunghe riflessioni e interiori
elaborazioni, se dobbiamo credere come dettata per sè, anche senza prenderla
alla lettera, alla norma ch'egli proponeva agli scrittori di libri dottrinali: Non
iscrivere mai sulla carta la prima riga di un'opera, se prima non abbi scritta
l'ultima riga nel cerebro. Dieci anni di lezione, venti di meditazione, ed
un'ora di composizione, se vuoi fare opera degna di ammirazione [Note
2].
Questo profilo di uomo di lettere sacre renderà certo ancor
più interessante per tutti noi quello di uomo di azione e di preghiera:
sappiamo che P. Domenico fu grande maestro di ascetica, predicatore
infaticabile, apostolo e apologeta esperto delle correnti di pensiero del suo
tempo, cariche anche allora di idee antiche e nuove e di errori pericolosi; e
fu dedito alla corrispondenza con uomini di pensiero e di azione in un raggio
molto più vasto di quello claustrale e locale. Ed ecco che l'azione entra nella
sua vita: governo della sua famiglia religiosa, viaggi, fondazioni.
La storia di P. Domenico, la quale non oltrepassa i
cinquantasette anni (data che sembra essere traguardo di molte grandi vite), si
fa in tal modo assai intensa e piena di avvenimenti, che vanno da quelli più
interiori, associabili ai fenomeni mistici, a quelli più esteriori di
estenuanti fatiche apostoliche. Non è qui che dobbiamo narrare tale storia.
Qui ci basti rilevare un aspetto e ricordare un fatto, che
sembrano caratterizzare sommariamente ma fedelmente il nuovo Beato.
L'aspetto degno di considerazione è quello della sua dedizione
alla Passione di Cristo e della devozione alla Madonna Addolorata. Questo
piissimo nostro fratello celeste sembra ripeterci la parola di San Paolo, quale
sintesi e definizione della sua vita: Io non giudicai di sapere alcuna cosa fra
voi, se non Gesà Cristo, e questo crocifisso [Note
3]. P. Domenico non solo predicò il culto alla Croce del Signore, ma
egli stesso la portò. Fu un paziente, fu un sofferente. Questa nota dolorosa si
accentua mano mano che il suo pellegrinaggio si avvia alla fine, e ci lascia
intravedere il lato drammatico della sua spiritualità, che dovrebbe essere,
nelle diverse misure della divina volontà, quella di ogni cristiano: Se qualcuno
vuol venire dietro a me, dice il Signore, rinunzi a se stesso, prenda
{1023} la sua croce e mi segua [Note 4].
P. Domenico ha fatto risonare l'eco di questa voce divina, ed ora a noi, se non
siamo suoi vani cultori, la ripete di nuovo; e finchè di lui sarà memoria, e
perenne sarà, la ripeterà ancora.
Il fatto poi, che fa ricordare Padre Domenico, è ben
conosciuto, e fu fino ad oggi il titolo principale della sua notorietà. Il
fatto della conversione del Newman; fu Padre Domenico, colui che la sera
dell'otto ottobre 1845, a Littlemore, raccolse la professione decisiva di fede
cattolica di quel singolarissimo spirito. La straordinaria importanza di quel
semplice avvenimento e la ognora crescente grandezza del celebre Inglese
riverberano sull'umile religioso una luce folgorante. Subito viene al nostro
labbro la domanda: fu lui a convertire il Newman? quale fu l'influsso di Padre
Domenico su di lui?
Queste domande sono tutt'oggi di vivissimo interesse e se le
risposte non possono attribuire al nostro Beato il merito diretto di quella
formidabile conversione, maturata, come si sa, dopo laboriosissime e
drammatiche meditazioni, debbono però riconoscergli due altri meriti
notevolissimi: quello di aver ascoltato un'arcana, inesplicabile vocazione,
nettamente enunciata alla sua anima, fino dai primi anni della sua vita
religiosa, di consacrare il suo ministero apostolico all'Inghilterra, dove
ancora i Passionisti non avevano messo piede; lo narra lui stesso, quando
ancora novizio nel 1814, alla fine di settembre o ai primi di ottobre sul
mezzogiorno, mentre pregava avanti all'altare della Vergine, gli venne rivelata
la data in cui, sacerdote professo, avrebbe iniziato il ministero e il campo di
apostolato fra i dissidenti: il Nord-Ovest di Europa; specie
l'Inghilterra [Note 5]. E in uno
dei suoi lavori ascetici, ora pubblicati, egli metterà sulle labbra di Gesù
quella sua singolare vocazione, quando ancora non si era realizzata: L'Inghitterra,
quella cara Inghilterra, sopra la quale tu (anima devota) tante lacrime
versasti, si dispone ora a rientrare altra volta nel mio ovile; e vedrai tra
poco tempo colà rifiorire il fervore della fede, de' primi fedeli [Note
6]. Padre Domenico sarà il primo Passionista ad entrare in Inghilterra,
e, lui vivente, darà origine colà a quattro case della sua Congregazione, che,
nell'opinione umana, non si sarebbe detta rispondente alia mentalità inglese.
Invece le vie del Signore sono diverse. Perchè possiamo
ascrivere a nuovo merito del novello Beato aver recato l'immagine più adatta ad
{1024} attrarre la stima e l'ammirazione del Newman, che farà della figura di
quell'umile Religioso un personaggio impressionante d'un suo libro [Note
7], e che lo recorderà nella famosa "apologia" con semplicissime ma
eloquenti parole: È un uomo semplice e santo ed allo stesso tempo dotato di
noteroli talenti. Non conosce le mie intenzioni, ma io intendo chiedergli
l'ammissione nell'Unico Ovile di Cristo ... [Note
8]
E scriverà poi: Padre Domenico fu un mirabile missionario. Un
predicatore pieno di zelo. Egli ebbe una grande parte nella conversione mia ed
in quella di altri. Il solo suo sguardo aveva qualche cosa di santo. Quando la
sua figura mi veniva alla vista, mi commoveva profondamente nella più strana
maniera. La gaiezza e l'affabilità del suo tratto, congiunta a tutta la sua
santità era già per me un santo discorso. Nessuna meraviglia quindi che io
divenissi suo convertito e suo penitente. Egli aveva un grande amore per
l'Inghilterra ... [Note 9]
E questo basta ora per noi. Ma è da credere e da augurare che
l'accostamento di queste due sante figure, il Beato Padre Domenico e il
Cardinale John Henry Newman, non lascerà più il nostro spirito, che continuerà
a pensare al senso misterioso del loro incontro con grande speranza e con
prolungata preghiera.
Il suo grande amore per l'Inghilterra
"He had a great love for England". Thus did Newman write of
this new Beatus, Father Dominic of the Mother of God. This phrase would seem to
define the figure of this humble but great follower of the Gospel of Christ; it
seems to sum up the historical current of the sentiments of the Church of Rome,
towards that island of high destiny; it seems to give expression to this
present spiritual moment of the Apostolic See, which now raises to the glory of
the Blessed this generous missionary, whose arms are open wide towards all that
is most venerable and most significant in that blessed country's present
portion of its magnificent Christian heritage; and it seems today to rise up
from the heart of the Ecumenical Council, being celebrated in this Basilica,
like a sigh of still suffering, but always confident, Catholic brotherhood.
"He had a great love for England". Newman's phrase, if
properly meditated upon, means that the love of the pious Religious, the Roman
{1025} missionary, was directed to Newman himself, the promoter and
representative of the Oxford movement, which raised so many religious
questions, and excited such great spiritual energies; to him who, in full
consciousness of his mission-"I have a work to do"-and guided solely by love of
the truth and fidelity to Christ, traced an itinerary, the most toilsome, but
also the greatest, the most meaningful, the most conclusive, that human thought
ever travelled during the last century, indeed one might say during the modern
era, to arrive at the fulness of wisdom and of peace.
And if that phrase was true and salutary for so distinguished
a representative of a great people, so high an authority of a time like ours,
will it not be still true and salutary today, in heaven, in the heart of this
beloved Beatus, and here below, in the hearts of all those who celebrate his
glory, and wish to imitate his example?
In regard to this also, We shall nourish great hope, and raise
long supplication in prayer.
* Die 27 Octobris mensis a. 1963.
[from
Acta Apostolicae Sedis, vol. 55, 1963]
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Notes
1. 1 Tim.
1, 17.
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2. Ms.
VII, 1, c. 222.
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3. 1 Cor.
2, 2.
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4. Matth.
16, 24.
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5. Cfr. Padre
Federico, p 48 e 474.
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6. Arch. it.
per la Storia della Pietà, II, p. 142.
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7. Loss and
Gain.
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8. Cap. VII,
verso la fine.
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9. Deposizionè
al Card. Parrocchi, cfr. P. Fed. p. 474.
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